I Cassamortari è il titolo dell’ultimo film di Claudio Amendola, il suo terzo da regista, frutto di una coproduzione italo-spagnola Paco Cinematografica in collaborazione con Amazon Prime Video. Amendola si cimenta in un altro film corale dopo La mossa del pinguino e Il permesso – 48 ore fuori ma questa volta fondendo una serie di generi che tendono a creare scompiglio in chi guarda. I cassamortari (termine romanesco che indica chi lavora nelle pompe funebri) mischia insieme elementi che alle volte sembrano inconciliabili. Il grottesco, la dark comedy ed il dramedy. I personaggi sono molto caratterizzati, non c’è nessun risvolto psicologico ed alla fine sono solo macchiette.

Al centro la famiglia Pasti, impegnata a gestire un’agenzia di pompe funebri. La morte ed i soldi. Tutto si gioca su questo territorio segnato. Si ride poco, si riflette meno. La durata del film appare prolungata rispetto ai contenuti raccontati. Gli attori però sono bravi a rendere eccessivi i personaggi. “Tutti devono mori’, ma solo in pochi ce guadagnano”: è il motto di famiglia di chi da generazioni gestisce un’agenzia di pompe funebri. Dopo la morte del capofamiglia Giuseppe (Edoardo Leo), un uomo disposto a tutto pur di trasformare una salma in una pila di banconote (preferibilmente in nero), l’azienda è passata nelle mani dei figli Giovanni (Massimo Ghini), Maria (Lucia Ocone), Marco (Gian Marco Tognazzi) e Matteo (Alessandro Sperduti) che provano a salvare l’attività attraverso una serie di vicissitudini al limite dell’assurdo. Il successo di questo film – fruibile su Prime Video – è atipico e probabilmente anche ingiustificato. Più che far ridere, genera angoscia ma soprattutto smarrimento perché non si sa dove si vuole andare a parare, come se mancasse una logica globale al racconto. Tutti quegli eccessi rendono il tutto meno realistico. Insomma come se mancasse qualcosa, un film che non ha sprint. Da salvare invece le prove degli attori che sanno dare personalità a questa pellicola che spesso sembra senza né capo né coda.