Come Gomorra e Romanzo Criminale. Questo il destino di un altro grande successo cinematografico che si è trasformato da film in serie tv. A Casa Tutti Bene è prodotta da Sky e segna il debutto di Gabriele Muccino in un territorio inedito, dove avrebbe potuto inciampare. Trasformare una sua creatura di grande successo in una saga non era facile, sostituire attori dal grande nome e dal sicuro richiamo al botteghino che avevano dato vita ai sui personaggi cinematografici con artisti in rampa di lancio poteva sembrare un azzardo. Invece si è trattato di un rischio calcolato. Di Muccino in questa serie rimane la ricerca manieristica dell’intreccio, la moltitudine di personaggi ovviamente tutti con caratteri irrisolti che non riescono a venire a capo della propria vita.
Al centro della storia c’è la famiglia Ristuccia con il patriarca (Stefano Acquaroli) che si è fatto da solo accumulando grande ricchezza con il ristorante Da Pietro, sua moglie (Laura Morante) che fa fatica a tenere insieme le complessità dei figli, il maggiore (Francesco Scianna) che vorrebbe gestire il patrimonio di famiglia; l’altro figlio (Simone Liberati) è invece uno scrittore in crisi con pochi interessi verso l’azienda di famiglia; la minore (Silvia D’Amico) non trova il proprio posto nel mondo e subisce i tradimenti del marito (Antonio Folletto). Un equilibrio precario che finisce così per saltare con la morte del capofamiglia costringendo tutti a entrare in una nuova fase della propria vita fatta di conflitti e giochi di potere.
Il ritmo è quello dei film di Muccino. Primi piani, angolazioni, montaggio, musiche, costumi, ambientazioni e luci, tutto è sempre stato usato sapientemente per enfatizzare l’idea ben precisa di un regista in grado di portare il proprio cast a scontrarsi. Le voci che si accavallano, le urla, i chiarimenti. La serie ha il pathos giusto e si lascia guardare.