Speravo de Morì Prima è un prodotto intrigante. La serie su Francesco Totti prodotta da Sky è liberamente ispirata dal libro Un capitano scritto a quattro mani dall’ex attaccante della Roma e Paolo Condò. La sceneggiatura è curata da Stefano Bises, Michele Astori e Maurizio Careddu e diretta da Luca Ribuoli.
Pietro Castellitto, figlio d’arte, interpreta Totti e lo fa ricalcandone i modi e lo slang. Gli assomiglia, anche se non fisicamente. Il tono della serie – sei episodi in totale – si avvicina molto alla commedia e tratta gli ultimi 18 mesi del Totti giocatore preso dalle sue angosce e dalle sue paure. La voglia di continuare a giocare nonostante l’età e gli infortuni è più forte dello scorrere del tempo. Il rapporto burrascoso e conflittuale con Spalletti, interpretato egregiamente da Gimbo Tognazzi, è il focus principale della serie. Classico di tutte le sceneggiature: il bene contro il male. Con qualche salto indietro nel tempo, a scandire dalle tappe cruciali della sua vita, la serie mette in primo piano la semplicità autoironica di un campione che poteva fare di più in carriera ma che non ha mai voluto lasciare la sua città. La vita molto romana e talvolta capricciosa di un ragazzo che ben presto è diventato l’ottavo re di Roma.

La serie si lascia guardare ma manca totalmente di quella intensità che aveva il docufilm Mi chiamo Francesco Totti di Alex Infascelli. Inevitabilmente si fanno delle sovrapposizioni. Ovviamente viene narrata la verità di Totti ed il punto di vista è molto personale soprattutto per quello che riguarda la vicenda sportiva ed i rapporti con la società giallorossa o l’allenatore. La vita familiare di Francesco è narrata con intensità e condita da quell’humor prettamente romanesco. L’universo della famiglia Totti è descritto con dovizia di particolari. La mamma Fiorella dalla personalità fortissima (Monica Guerritore), il padre caustico e taciturno e poi c’è Ilary (una splendida Greta Scarano) che è il faro della sua vita.
Nonostante il tono molto leggero in cui è sviluppata la narrazione della serie si vedono anche i tormenti dell’ottavo re di Roma che vive il ritiro dai campi di calcio che si sta avvicinando con ansia e smarrimento. Come se Francesco giunto ormai alla soglia dei 40 anni non sapesse cosa fare dopo. Una vena malinconica che accompagna la serie che rende Totti ancora più umano e simpatico di quello che comunque traspare dalle sue numerose interviste.