Il dibattito è aperto, i protocolli sono sul tavolo ed i Centri Sportivi dei club di serie A ormai sono tutti operativi. La politica frena, la Federazione aspetta, le Leghe spingono. Il calcio è la quarta industria italiana, il calcio finanzia gli altri sport, senza calcio non si può stare. Come si fa a pensare al calcio con tutta questa crisi, con tutti questi morti riaprire è da pazzi, ci sono cose più importanti del calcio. Vale tutto ed il contrario di tutto, soprattutto in questo inizio di fase2. Ma una cosa bisogna dirla. Il calcio manca.
Manca l’esagerata importanza che gli si attribuiva. Vivere per un pallone che rotola, aspettare la partita, cambiare umore a seconda del risultato. Gioire, disperarsi, soffrire, appassionarsi. Il calcio è un fenomeno sociale fortissimo, in questa lunga quarantena ci avrebbe aiutato, avrebbe alleviato i nostri pensieri e ci avrebbe dato una bella adrenalina in un periodo di forte down in questi due mesi di lockdown.
Anche Sacchi attribuiva poteri taumaturgici al calcio:
Il calcio è la cosa più importante delle cose meno importanti.
Il ministro dello Sport Spadafora sostiene che il sentiment generale sia contrario alla ripresa del calcio. La gente non vuole vedere le partite. Gli credo, ma non troppo, anche se so che ormai in politica si ragiona a botta di sondaggi e di like sui social. Forse proprio per questo motivo il ministro è sempre prudente ed attendista.
Con tutti i paletti del caso ed in totale sicurezza mi piacerebbe tornare a parlare di calcio giocato. Vero che si tratterebbe di partite a porte chiuse, di una sorta di surrogato, però poi alla fine credo che ci abitueremo anche a questo e torneremo a sospirare per quel pallone che rotola e per le gesta dei nostri campioni su quel terreno verde.
E se il calcio ripartisse dal Sud? Sarebbe una soluzione intelligente. Le partite si giocherebbero in pochi stadi in posti dove il virus ha avuto poca incidenza, poche persone contagiate e quindi una minore probabilità di infettarsi, fosse solo per un fattore meramente matematico. Impossibile arrivare al rischio Zero, ma almeno trattasi di rischio ridotto. Una sorta di Mundialito per club. Certo per i calciatori sarebbe un grosso sacrificio trasferirsi in centri blindati per un lungo-medio periodo, però così sicuramente sarebbero più al sicuro. Anche giocare con ritmi serrati una gara dopo l’altra sarebbe più dolce, perché almeno si eviterebbe lo stress dei lunghi viaggi.
Nell’Nba hanno pensato ad una soluzione del genere e tutte le franchigie spingono verso questa direzione per salvaguardare la stagione. All’inizio si era pensato a Las Vegas che ha strutture recettive ed Arene per poter giocare. Poi forse si è pensato che in Nevada ci fossero molte tentazioni e quindi adesso si sta riflettendo su portare tutto in Florida con le squadre alloggiate in una più tranquilla DisneyWorld. Lì le maggiori tentazioni potrebbero essere la casa di Topolino o la canoa di Pippo.
L’Italia non ha posti del genere dove si può concentrare tutto, ma credo che finire il campionato tra Campania, Basilicata, Calabria, Puglia e Lazio sia una soluzione ideale con tanti stadi e tanti centri attrezzati per ospitare le 20 squadre della nostra serie A con spostamenti ridotti in bus ed in totale sicurezza.