La potenza delle botteghe e la loro inutile demonizzazione. Scene viste e riviste in tempi di coronavirus. Persone in fila nei vicoli fuori ad un fruttivendolo, una pescheria o un alimentari. Napoli è la città che ha il cuore più grande delle altre. Che dona, dove vige la regola del dove mangiano a tre mangiano anche a quattro. Solidarietà di popolo. Chi ha patito la povertà, gli stenti ed è sempre stato ultimo sviluppa gli anticorpi della solidarietà prima degli altri. Il caffè sospeso, la spesa sospesa, il panaro sospeso. Alla mostra d’Oltremare è stato istituito un centro raccolta di alimenti da distribuire a chi ne ha bisogno.
Napoli è sfrontata, gestisce male le regole specie quando piovono dall’alto, ma sa anche reagire nel momento di difficoltà con grande sagacia. La catena della solidarietà. Il popolo è variegato e ognuno giustamente reagisce a suo modo alle regole. Ma questa volta la voglia di ribellarsi non c’è. Chi lo fa è solo un ignorante o un incosciente. Ce ne sono in città, in Italia e nel mondo. Non solo qui. In tempi di covid19 il comune denominatore è la paura. La paura di blocca o ti fa reagire. Non ti fa andare a zonzo per la città solo per prendere un po’ d’aria. La densità e la promiscuità di alcuni quartieri purtroppo consegna alla nazione bigotta che guarda il dito e non la luna degli assist incredibili e certa stampa ci sguazza affondando i loro approfondimenti nel bieco qualunquismo cavalcando i classici luoghi comuni. Napoli scende per strada e se ne infischia del contagio! Dagli all’untore!
Ci sarà sicuramente chi senza validi motivi se ne infischia, ma è una percentuale bassa e credo si verifichi non solo da queste parti. Non colpevolizziamo i cittadini che in questo momento molto delicato sono vittime. Stare a casa ferma il virus, ma bisogna anche andare a fare la spesa o a lavorare per chi può ancora. Allora dico che è inutile gridare all’UNTORE dai balconi se vedete qualcuno che passeggia. Avrà sicuramente un buon motivo per farlo. E se è sceso senza mascherina evidentemente non l’avrà trovata. Non cadiamo nel tranello, la paura ci può rendere migliori, ma anche peggiori.
E soprattutto se in città non si vedono quelle file pericolose e chilometriche fuori ai supermercati è anche merito della nostra cultura e la nostra microeconomia che ha tenuto in vita le piccole botteghe. Ecco, non dimentichiamocelo quando tutto questo sarà finito, se un giorno dovesse davvero tutto finire.
Le persone spero che ne escano con maggiore consapevolezza e con un culto della vita accresciuto. La paura ci blocca, ma ci può anche fortificare. La paura di contagiare deve essere il nostro motore, ragionare sempre con amore e con generosità. Pensare di essere un asintomatico positivo. Pensare che con i nostri spostamenti – quando sono inutili – potremmo fare del male a chi ci è vicino ed anche ai nostri cari. Chi potrebbe mai perdonarselo? La catena del contagio si spezza con l’amore. L’amore per se stessi, ma soprattutto quello per gli altri.