Gli Squallor hanno rappresentato nella storia della musica il più grande esperimento di ribaltamento della forma. Musicisti di prim’ordine al top della propria carriera che hanno deciso di sconvolgere la medio borghesia italiana con un concentrato di contenuti senza filtro e volutamente esagerati. Hanno abbattuto ogni limite andando oltre. L’irriverenza unita all’arte di dissacrare. L’amore è totalmente spogliato di qualsiasi contenuto sentimentale ed è visto come puro accoppiamento animalesco. Il mezzo però era spogliato di qualsiasi artificio, la sostanza però era sublime, geniale, volgare, triviale. I testi abbondavano di non-sense e di riferimenti boccacceschi e misogini.
Si trattava di cinque amici nella vita che dopo vari percorsi professionali intorno ai quarant’anni hanno deciso di mettere insieme un progetto rivoluzionario. Stimati professionisti nel mondo della canzone italiana, della quale conoscevano i trucchi ed i meccanismi. Infatti gli Squallor si sono sempre mossi all’interno del panorama pop che ben conoscevano. E piacevano in modo trasversale a tutti. Dalla critica bacchettona al popolo che si esaltava per quei riferimenti così volutamente eccessivi. La borghesia li ascoltava ma faceva finta di non apprezzarli. Gli Squallor hanno dato una ventata di freschezza agli anni ’70.
Daniele Pace, Totò Savio, Giancarlo Bigazzi, Alfredo Cerruti, Elio Gariboldi, cui in seguito si uniranno temporaneamente altri membri esterni come Gianni Boncompagni e Gigi Sabani erano artisti già affermati. Parolieri, compositori e discografici che provavano a scardinare il sistema con testi che portavano al vasto pubblico contenuti forti. Si attaccavano i costumi del tempo, ma anche la politica e la religione venivano impallinati con parole mai usate prima in mainstream. 13 album e due Best of. Il primo elleppì si intitolava Troia, il secondo Palle. Gli altri titoli non erano da meno con riferimenti sessuali poco velati. Vacca, Pompa, Cappelle, Tromba, Mutando, Scorreggiando, Arraphao, Uccelli d’Italia, Tocca l’albicocca, Manzo, Cielo Duro e Cambia Mento. Il dialetto napoletano veniva usato come scudo, linguaggio immediato che trasmetteva oscenità e messaggi più che diretti. Non c’era filtro, anche se la lingua napoletana aiutava a filtrare i contenuti per un pubblico nordico meno abituato a queste espressioni gergali lasciando la possibilità di non afferrarne immediatamente il senso o la durezza. Riferimenti fallici che segnano la linea guida ti tutta la loro discografia. Al centro del progetto c’è il cazzo ed i suoi derivati!
La loro grande cifra artistica era l’improvvisazione; recitare a soggetto. Il loro modo di fare musica ha prodotto anche delle emulazioni tipo gli Skiantos o gli Elio e le Storie Tese. Divertente anche l’avventura cinematografica con due film che sicuramente non sono passati alla storia. Arraphao ed Uccelli d’Italia erano inguardabili ma rappresentavano l’essenza degli Squallor. Arraphao divenne addirittura un cult. Il regista Ciro Ippolito mise all’interno del suo girato – alla cazzo di cane – una serie di scene, si dice senza mai ripetere neanche un ciak, quasi a caso. Alcune sequenze del film sono diventate un must ed ancora resistono all’usura del tempo.
Insomma è bello ricordare come Gli Squallor abbiano saputo attraversare questi decenni e mantenere inalterato il loro fascino ed il loro mito. Anche se c’è da dire che riascoltarli oggi si sente tutto il peso del tempo che è passato, ma la forza ed il messaggio dei loro testi è sempre forte e colpisce. Le loro crude oscenità strappano un sorriso e continuano a far riflettere e sorridere.
Geniali. Arrivederci Alfredo !!!
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