Napoli è una città particolare. Orgogliosa, autoreferenziale, permalosa, distratta, bella, decadente ma soprattutto affascinante. Chi viene da queste parti ne rimane colpito. Nel bene o nel male. Napoli è anche un ottimo posto per lavorare, ti offre sempre opportunità nuove e chi non è abituato ai nostri ritmi ed alle nostre convinzioni ci mette sempre un po’ di tempo per metabolizzare tutte le nostre manie ed il nostro modo di affrontare le circostanze.
Fatta questa debita premessa devo dire che nel mondo dello sport siamo abbastanza particolari. Il Napoli è l’espressione più grande della passione che si respira in città. Si parla di calcio ovunque e con chiunque. Ognuno ha il suo particolare modo di interpretare i fatti e di vivere il calcio. Però una cosa è certa, la percezione della squadra del cuore è alta. Il blasone altissimo e tifare Napoli è un motivo di vanto ed orgoglio.
Però la grande passione annulla il senso pratico. Tifare Napoli non è come tifare Juve o Real Madrid che ogni anno storto o morto portano a casa qualcosa. Chi tifa Napoli deve sapere che è nato per soffrire. E stranamente il tifoso è diffidente contro chi promette vittorie. Preferisce chi si nasconde, chi non pronuncia alcune parole per scaramanzia. Stranamente chi dice che si può vincere ed ottenere l’obiettivo più grande viene immediatamente attaccato e schernito alla prima difficoltà. La mentalità vincente non piace a queste latitudini. Meglio lamentarsi.
Questa città ha adorato Mazzarri, ha venerato Sarri, ma ha snobbato Benitez ed Ancelotti. Benitez con le sue finali, con i suoi successi, la sua Champions è venuto in città ed ha promesso le vittorie. In due anni ha portato due Coppe, ma sarà ricordato per quello che mangiava tanto, allenava poco e che che parlava troppo. Insomma gli si è appiccicato addosso un’etichetta ed un pregiudizio. La sua colpa? Aver parlato apertamente di scudetto già dal ritiro precampionato. Una colpa gravissima. Quella parola non si può pronunciare altrimenti si diventa vittime di maleficio. Peccato che anche non pronunciandola non sia arrivato neanche con Mazzarri e Sarri che però ci sono andati vicinissimo. Lo stesso destino di Rafa sta capitando anche ad Ancelotti, uno che ha vinto ovunque, che è il tecnico più vincente della storia delle competizioni europee e che a Napoli viene trattato come un rincoglionito prossimo alla pensione. Tre Champions e circa una ventina di trofei sparsi per l’Europa sono pochi per poter venire qui e dichiarare che si parte per vincere. Pettinare le bambole ed alzare l’asticella sono due espressioni che da manifesto programmatico sono diventati i principali capi d’accusa di questa stagione e mezza napoletana di Carletto.
Perché chi parla di scudetto viene subito schermito? Chi gioca per vincere invece andrebbe apprezzato perché decide di prendersi tutti i rischi che sono insiti nelle parole che pronuncia. Sinceramente da grande appassionato degli sport americani dove la scaramanzia è quasi bandita sentire parlare proprietari, allenatori e giocatori di titolo la trovo la cosa più scontata ed ovvia di questo mondo. Perché qui non è così? Solo a Napoli succede o anche in altre parti d’Italia chi parla di scudetto viene messo alla berlina? Forse Napoli non è pronta ad accogliere chi vuole ottenere le vittorie mettendoci la faccia e credendo nel proprio lavoro, forse preferiamo credere che se dovessero arrivare i successi sono frutto soltanto di un miracolo…