Lo sai che la Tachipirina 500 se ne prendi due diventan mille…
Calcutta è l’espressione artistica più pulita, spontanea e geniale che la musica italiana ha prodotto negli ultimi dieci anni. Edoardo ha una dote unica, canta con leggerezza un mondo ostile: il mondo degli ultimi. Canto malinconico, alle volte disperato alle volte stupito. Il suo punto di vista è sempre interessante, particolare, da scoprire. Mi piace molto il suo linguaggio rinnovato, che guarda avanti ma è nettamente vintage. Poetico nel senso che non bisogna soffermarsi al primo significato. Calcutta va approfondito, capito. La sua musica ti porta su terreni inesplorati, dove non ci sono certezze, dove campeggia la solitudine e gli affanni banali di una vita che nella quotidianità è spesso crudele. Francesco Lettieri – il filmaker dei suoi video – è bravissimo a descrivere le atmosfere che Calcutta trasmette con la sua musica. Indie, ma non solo. Contaminazioni anche pop. La sua musa ispiratrice sembra essere il Lucio Battisti del suo ultimo periodo crepuscolare.
Edoardo è giovane e canta il mondo dei giovani, ma con una malinconia inaspettata, che entra. Senza picchi, ma ti porta verso il basso. Sono fotografie di un mal di vivere che contagia e fa riflettere. Ma un cantante così di nicchia e dal carattere chiuso ed introverso può mai diventare MAINSTREAM? Evidentemente sì, perché riesce a creare empatia. Anche se non canta dei massimi sistemi esistenziali ma solo le realtà della provincia cronica. Edoardo suo malgrado è diventato personaggio accompagnato spesso da quel costante equivoco che lo accompagna. Ci fa o ci è?
Timidezza cronica ed un modo di rapportarsi alla realtà in maniera quasi criptica e distaccata. Come se dall’esterno ci descrivesse situazioni all’apparenza fredde ma che nel concreto lo hanno toccato e colpito al punto da avere l’esigenza di descriverle attraverso la sua musica.
“Cosa mi manchi a fare” è il suo primo vero successo. Solo il titolo ci dice molto di quello che troveremo nei suoi testi. Ma è con l’album Mainstream che arriva il successo a livello nazionale. I network si accorgono di lui ed ogni volta che rilascia interviste riesce ad accrescere il fascino che ruota intorno alla sua persona o forse intorno al suo personaggio. Con Mainstream esce definitivamente dal territorio comodo dell’underground. Ma il racconto delle sue storie sfigate di provincia piacciono, i suoi amori impossibili, le sue storie di perdenti colpiscono ed appassionano. Provincialismo cosmico costruito su piccole storie suburbane condite da una sperimentazione musicale che rimane dentro. Edoardo sa descrivere malesseri, incertezze, sogni e difficoltà.
La consacrazione arriva con Evergreen (2018) che contiene dieci nuovi successi. Calcutta però è in pubblico che dà il meglio di se, con Fazio e con Cattelan è stato sublime, mai banale, ma soprattutto delicato. Mostra le sue fragilità con orgoglio e riesce ad essere involontariamente simpatico conquistando tutti.