Caro Alberto sei stato più che un punto di riferimento. Il tuo amore per il basket riuscivi a trasferirlo ogni volta che venivi intervistato. Il tuo era amore per lo sport ma soprattutto per gli uomini e la vita. I tuoi erano precetti ed insegnamenti che dovevano solo essere seguiti. Hai avuto una carriera fantastica, hai vinto tanto ma hai anche subito cocenti delusioni. Ti piacevano le sfide e le imprese, spesso impossibili. Hai sempre dimostrato che le persone vengono prima degli atleti.

Con Livorno sfiorasti lo scudetto. Sarebbe stato un capolavoro. Era il 1989, lo ricordo come se fosse stato ieri. Forti segna da sotto, due punti e sorpasso a fil di sirena, attimi di tensione e festeggiamenti che esplodono. Esco di casa convinto che l’Enichem avesse vinto il tricolore, torno a casa e scopro che a vincerlo è stata Milano. Rimasi perplesso e sgomento. E non esisteva Instant Replay o Var. Ma non ho mai sentito una polemica o un’uscita fuori posto.

Alberto eri un signore. Una persona profonda e saggia. Le tue parole erano sempre pesate, attente. Non creavi distanza ma vicinanza. Quelli del basket hanno una marcia in più. Anche Ancelotti se n’è accorto e ti ha scelto come amico e confidente. Una volta mi dicesti: “dammi del tu!”. Non ci sono riuscito subito. Ma poi mi è stato naturale. Mi hai sempre detto ogni volta che ti chiamavo: “Appena sto meglio vengo a Napoli e ti vengo a trovare a Basketime”. Ed io come un martello ogni volta ti ribadivo l’invito. “Appena starò meglio, te l’ho promesso”. Poi ti chiamai mercoledì mattina. Mi risponde una voce femminile. “Richiama tra due-tre giorni e forse potrà risponderti”. Il tono era greve ed ho subito capito. Buon viaggio Alberto…