La cucina è un po’ il laboratorio dell’alchimista. Un luogo magico dove si mettono insieme degli elementi provando a produrre un qualcosa di eccezionale. La cucina è anche il posto ideale per sperimentare e per osare. Ma la cucina si basa anche e soprattutto sulle ricette della tradizione. Alcuni piatti vengono tramandati di generazione in generazione creando un legame tra luoghi, profumi e ricordi trasformandosi in una sorta di metafisica della gastronomia. Alcuni sapori ci riportano alla mente dei posti, delle persone, delle situazioni di vissuto che ti entrano sottopelle.

Napoli, poi, è un luogo di incontro di culture, di sapori, di prodotti quasi unici che insieme diventano una sinfonia. Ci sono alcuni piatti che sono dentro al nostro vissuto quotidiano e che quando li mangiamo emozionano. E se questi piatti fossero concettualmente degli errori? Questa è la magia dell’alchimista: da errori e da percorsi sbagliati tira fuori la magia, la pietra filosofale del sapore.

Fatta questa fumosa premessa arrivo subito al sodo. Ragù, Genovese e Pizza sono il simbolo della nostra tradizione culinaria, ma sono anche tre grandi e gravi errori concettuali e di esecuzione. Ma poi interviene la bacchetta magica e li trasforma in tre grandi piatti. Pietanze che da secoli esaltano le nostre tavole, dalla cucina della nonna alla cucina stellata degli chef di grido.

 

 

Ragù e Genovese sono due stracotti, mentre la pizza è un lievitato steso a disco con un condimento che cuoce per 90 secondi in un forno a più di 400 gradi di temperatura. Può mai una carne di manzo o di maiale cuocere per più di sei ore in un lago di pomodoro o in un brodo condito da un mare di cipolle, sedano e carote e trasformarsi lentamente in un mix sublime e celestiale? In teoria non si potrebbe, ed invece… quei pezzi di carne diventano Ragù o Genovese, si sfaldano in bocca provocando una sorta di orgasmo per le nostre papille gustative. Da sempre questa grande esplosione di gusto imbandisce le nostre tavole.

La pizza invece ha una storia incredibile, un lievitato con farina, acqua e sale che cuoce in un forno a legna ad una temperatura altissima che non può stare meno di 90 secondi perché risulterebbe cruda e non può stare molto di più perché altrimenti si brucerebbe. Un equilibrio sopra la follia. La pizza napoletana così unica e così irripetibile. La tagli  spicchi e non si mantiene rigida tra le mani, non è né biscottosa né unta. Devi mangiarla calda, non puoi conservarla altrimenti perde tutto il suo sapore. La pizza, simbolo di Napoli così unica e così sbagliata.

 

Ecco il gusto ed il sapore vanno al di là delle regole classiche e canoniche. Il cuoco deve osare e sperimentare. Deve anche sbagliare, perché poi dall’errore potrebbero nascere anche dei capolavori tipo il Ragù, la Genovese e la pizza.