gomorra

La terza serie di Gomorra mi piace ed anche molto, questo lo voglio subito chiarire a scanso di equivoci. Però l’evoluzione della serie, come è inevitabile che fosse, sta prendendo la forma sempre più netta della fiction. Nella prima serie c’erano tanti episodi reali di camorra poi messi all’interno delle varie faide raccontate. Evoluzione naturale, cambiamento e trasformazione. Gomorra adesso è una fiction di qualità elevatissima, ma sempre fiction. Non è una colpa, ma solo una prevedibile deriva frutto anche del successo planetario della serie. I personaggi solitamente hanno vita breve, come è giusto che sia per chi impersona criminali efferati e senza scrupoli. Alleanze, strategie e progetti vengono spesso interrotti dal fuoco dei proiettili. Regola che vale per tutti tranne che per Genny e Ciro. I due resistono contro tutto e tutti. Non sono morti ancora perché la serie ormai è disegnata su di loro. I vari personaggi forti di contorno non ce l’hanno fatta a sopravvivere in una sorta di selezione darwiniana nello sviluppo della sceneggiatura.

Ciro e Genny si sono amati, odiati, amati e torneranno sicuramente ad odiarsi nelle prossime puntate. Genny ha fatto la guerra a Ciro, ma anche al padre. Ciro ha ucciso la madre ed il padre di Genny, poi per non farsi mancare niente ha trucidato con le proprie mani anche sua moglie. Genny ha armato la mano di Ciro per far uccidere il padre e Malammore, l’unico soldato che gli era rimasto sempre fedele.

Dove voglio arrivare? Adesso c’è fretta di creare un prodotto di qualità in poco tempo. Gli sceneggiatori si stanno facendo prendere la mano trasformando Gomorra da fotografia cruda e spietata del crimine ad una fiction del male senza nessuna possibilità di redenzione dove le regole di scrittura però diventano più classiche. Una  sorta di ammodernamento malvagio della sceneggiata napoletana. Ci sono delle esagerazioni narrative che vanno al di là del racconto della realtà sconfinando nel territorio molto più comodo della fiction. Esagerazioni narrative che però in quel contesto diventano credibili.

Ciro che in meno di sei mesi impara il bulgaro meglio del napoletano. Genny che uccide e fa a pezzettini due narcos in un supermercato e fa pulire gli ambienti insanguinati dal suo commercialista fighetto. Genny che riesce ad accumulare un impero con un clan formato da lui stesso e basta e per di più da Roma. Genny che quando viene a Napoli ha come guardaspalla solo O cardill e CapaeBomb.

Tutte scorciatoie narrative immediate che portano a sviluppi lineari della storia pronte e confezionate per il grande pubblico. Però il vero punto forte di Gomorra resiste anche in questa serie: la descrizione del male, un male assoluto. Un male senza ripensamenti, un male che non ti dà la possibilità di fare un passo indietro. Un male che ti avvelena l’anima e che ti fa aspettare la morte violenta come se fosse un’ineluttabile conseguenza di quello che hai fatto. I protagonisti di Gomorra sin dalla prima puntata fanno soldi facili attraverso efferati crimini, non prendono mai pace, sono irrequieti e non fanno altro che accelerare la strada che li porta verso la morte, non verso il carcere, ma verso la morte violenta che diventa quasi salvifica. Ecco il messaggio sempre sotteso nella serie: puoi essere un pesce piccolo o un pesce grosso di questo sistema criminale, ma primo o poi due pallottole dal tuo corpo non te le leva nessuno.

Ps: Enzuccio ci regalerà emozioni forti, personaggio scritto benissimo, un po’ capa pazza un po’ filosofo retrospettivo.

Pss: Marco D’Amore e Salvatore Esposito hanno dato uno spessore ai loro personaggi eccezionale. Se Gomorra è un successo mondiale, molti dei meriti sono anche di questi due straordinari attori.