Oggi il Napoli festeggia il suo compleanno. Sono 91 gli anni di storia di questo club che ne ha passate tante, ha raccolto meno di quanto seminato e si trova sempre nella scomoda posizione di chi deve sorprendere e regalare grosse gioie ai tuoi tantissimi tifosi che sono ovunque. Ma spesso è difficile accontentarli visto che parte sempre dalla seconda fila e mai in pole position, come succedeva anche ai tempi di Maradona. Napoli però è la città dei miracoli. San Gennaro lo fa due volte all’anno e quindi pretendiamo il miracolo anche dal Napoli. Ma non sempre accade, purtroppo.

In 91 anni i trofei conquistati sono stati 10. Cinque nel settennio maradoniano. La storia è contro, però fortunatamente il tifoso del Napoli è sempre speranzoso, ma mai categorico. Vincere è l’unica cosa che conta? Per il napoletano no. L’emozione prevale sul palmares.

Sono giunto a questa considerazione dopo aver trascorso tre settimane a Dimaro seguendo il ritiro del Napoli, provando ad entrare in simbiosi con i tifosi. L’amore che spinge a tifare Napoli è carnale, vero, reale, fisico. Un amore assoluto, quasi spirituale. È ovvio che non tutti i tifosi vivono la loro passione in questo modo, ma in Trentino avvertivo amore incondizionato. Quasi mistico. Mi piaceva osservare ed immergermi in questa passione. Una passione spontanea ed unilaterale, ma anche triste. Ho spesso assistito a situazioni intense che mi hanno colpito molto. L’amore intimo e totalizzante che si trasmette di generazione in generazione. Amore triste perchè è passione intima, fisica ma anche metafisica.

Molte persone mi sono rimaste dentro. Alcune scene vissute non voglio raccontarle. Altre posso. Ad esempio ho visto un nonno di una certa età arrivato in Val di Sole con suo nipote giovanissimo, massimo 7 anni, per condividere un sentimento unico. Entrambi vestiti di azzurro. Li vedevo che mano nella mano andavano allo stadio a vedere gli allenamenti. L’ho visto il nonno che si faceva strada nella pressante calca del firmautografi per creare un po’ di spazio al nipote. Ho visto anche padri e figli indossare con orgoglio la stessa maglietta azzurra. Padri e figli di ogni età. Generazioni diverse unite dalla stessa passione.

Ho visto uomini soli che mangiavano in ossequioso silenzio guardando con frequenza ossessiva l’orologio aspettando l’ora giusta per andare al campo ad ammirare i propri eroi. Il Napoli, come compagna di una vita. Chilometri e chilometri solo per stare lì, vicino, ma non vicinissimo alla propria squadra del cuore. Famiglie intere che in una sorta di rito collettivo andavano in pellegrinaggio a Carciato. 

Un grande pellegrinaggio pagano e composto dettato da un amore reale per qualcosa di tangibile ma anche etereo allo stesso tempo. Non è blasfemia, ma religione pagana.

Il sacro si mischia con il profano. Questo accade in una sorta di rito collettivo che si trasforma quasi in una dimensione magica. Ho visto tantissimi tifosi e tifose in carrozzina. Ho visto non vedenti che andavano allo stadio per “sentire” il loro amore per il Napoli. Una sorta Lourdes azzurra, dove si celebrava un rito di purificazione. Anziché farsi il bagno nell’acqua sacra si scendeva sulla pista di atletica dello stadio di Carciato per abbracciare i propri eroi. I giocatori del Napoli con grande disponibilità non si sono mai sottratti all’abbraccio taumaturgico dei tifosi più sfortunati e questo gli rende onore. Onore e merito per una cosa normale, ma è sempre bello sottolinearlo. Una benedizione moderna e pagana che si concretizzava in abbracci e selfie con i propri campioni.

Insomma durante questo ritiro ho capito quanto la parte buona del tifo debba prevalere sui veleni che registriamo durante l’anno. Questo amore assoluto è come se fosse l’estremo opposto rispetto al marcio che spesso attanaglia il mondo del calcio. Uno Yang che si contrappone allo Yin in salsa calcistica rivisitata. Dimaro2017 è stata solo una tappa (anche abbastanza breve rispetto ai 91 anni di storia) che ci deve insegnare moltissimo, ci deve insegnare che se facciamo uscire la parte buona della nostra passione non si può mai perdere. E così non conta solo la vittoria di un trofeo che appartene a tutti, ma l’essenza vera di una passione è l’amore puro e libero dai vincoli del successo.