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Cucine da Incubo è una rivisitazione molto intrigante del concetto di favola moderna. Sul piano della narrazione questo format tv ripreso in Italia con Cannavacciuolo protagonista, e giunto ormai alla sua terza edizione, è una versione riveduta e corretta rispetto a quella americana dove c’è un cattivissimo ed incazzosissimo Gordon Ramsey. Guardando le due serie direi che c’è un abisso, quasi quanto la distanza oceanica che ci separa dagli States. Gli autori italiani hanno voluto correggere il tiro ed andare incontro ai gusti del nostro pubblico. Antonino Cannavacciuolo è il gigante buono che tocca le corde dell’anima ed aggiusta tutto. La storia è sempre la stessa, c’è un problema e per risolverlo si chiama il Wolf di quentintarantiniana memoria e così tutto viene risolto in modo brillante.  Ma quello che appassiona nello storytelling è il trasporto del protagonista verso le vicende umane di chi sta attraversando un periodo complicato. Cannavacciuolo, che per la mole ed i modi ricorda anche Bud Spencer, partecipa alla storia, la indirizza secondo il vento delle emozioni, rimette a posto le cose secondo la logica dei buoni sentimenti. Cannavacciuolo è l’aggiustatore per antonomasia. Le pacche sulle spalle sono il suo personalissimo marchio di fabbrica. Un segno di approvazione e correzione nello stesso tempo. Una summa perfetta di incitamento e reprimenda. In Cucine da Incubo viene esorcizzato e mandato via il demone che ti fa sbagliare. Il messaggio è chiaro e per questo piace. C’è una seconda possibilità per tutti. Questa è la sua grande forza. Poi in più è presente anche il cibo che è una cosa che unisce tutti a tutte le latitudini diventando un ottimo argomento di conversazione. Ed anche la trasformazione del cibo da immangiabile a pietanza di eccellenza è un percorso che conquista.

Però chi crede che il programma sia un reality show sbaglia di grosso.  Se lo fosse perderebbe la sua magia. La verità qui non è necessaria. La dimensione esatta è quella della favola. Se il Ristorante PincoPalla adesso funziona dopo la cura Cannavacciuolo non è importante, quello che conta è che ha avuto una seconda possibilità. Lo spettatore sa benissimo che se vuole mangiare un piatto cucinato da Cannavacciuolo deve andare a Villa Crespi, non al PincoPalla. Chi guarda Cucine da Incubo non deve far  prevalere la curiosità di vedere se il ristorante in disgrazia abbia risolto la propria situazione. Quello che conquista di questo format è che Cannavacciuolo con la sua semplicità e bonaria percezione dei sentimenti sia riuscito a scovare il buono che c’è dentro ognuno di noi, proprio come quando riesce a trasformare una patata abbandonata nel fondo del frigorifero in un piatto prelibatissimo.