zen

Stai incazzato? Stressato? Avresti voglia di prendere a pugni un muro per sfogare la tua rabbia? Sei in fila alla posta e non arriva mai il tuo numero? Sei nella sala d’aspetto del tuo dottore e stai facendo due ore di muffa? A stento arrivi a fine mese e vorresti capire come fare ogni volta a non rimanere con pochi spiccioli nel portafoglio? Capisco la tua voglia di mandare tutti affanculo, però una via d’uscita ci sarebbe. Devi essere ZEN. Cosa vuol dire? Precisamente non lo so neanche io, però ho conosciuto un amico che prima era incazzuso assai ed ora è zen e non rompe più il cazzo. È come se fosse sedato, come se gli avessero sparato nel culo uno di quei colpi che anestetizzano i bisonti nella savana, ammesso che ci siano i bisonti nella savana. Allora mi sono detto: devi diventare ZEN anche tu. E così ho fatto e grazie anche alla collaborazione di Simone Zagaria che ha intrapreso anche lui questo percorso zen ho provato a capire la filosofia che c’è alle spalle. Simon costruisce giardini zen e quindi me ne sono comprato uno, così giusto per capirci qualcosa in più.

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Gli elementi fondamentali dei giardini giapponesi sono la pietra, le piante e la sabbia. L’equilibrio tra questi elementi è assai delicato ed ha diversi scopi uno dei quali è quello di generare un senso di pace e di armonia generale attraverso alcuni accorgimenti che gli abili giardinieri giapponesi hanno col tempo codificato basandosi sull’osservazione del mondo naturale. In sintesi, chi si appresta a posizionare pietra sabbia e piante in un giardino giapponese deve aver ben chiaro che la natura ha la capacità di trasmettere una svariata quantità di sensazioni e forme diverse, spesso in antitesi le une con le altre creando una sorta di armonia del mondo naturale. La linea guida, che sta alla base del posizionamento minuzioso di tutti gli elementi è il concetto di sintesi. Pietre, rami e sabbia finissima e pure una candela. Poi c’è una specie di rastrello e devi trovare il tuo punto di pace curando la sabbia all’interno del recinto fatto di legno. Ogni mattina, prima di andare a lavorare, ed ogni sera, quando tornavo, mi mettevo con quel rastrello e “apparavo” la sabbia. Era una figata, mi piaceva e diventavo zen pure io. C’è la bolletta da pagare? Calma e gesso. Bisogna andare a fare la spesa? Mode Zen On. Mi piaceva perdere quei 5 minuti al giorno e forse stavo diventando Zen pure io appresso a questo giardino giapponese finquando Rebecca, il mio cane, si accorge del giardino posizionato per bellezza sul tavolino ai piedi del divano e si mangia il ramo e mette il muso nella sabbia scompaginando tutte le mie figure geometriche e disegnando a sua volta le sue geometrie canigiapponesi. Mio malgrado ho dovuto riporre il  giardino giapponese sulla mensola. Ora non lo curo più e sono tornato ad incazzarmi ed a stressarmi. Morale della favola: avere un giardino zen è checazzo, ma meglio se non hai un cane che vuole diventare meditativo pure lui.