Delizosa. Deliziosa e delicata. Generazione 56k la serie prodotta da Cattleya e distribuita da Netflix mi è piaciuta molto. Una prova di maturità di tutto il gruppo The Jackal e di due attori che hanno saputo recitare in punta di piedi donando ai propri personaggi quella giusta vena malinconica da non farli sembrare sfigati, ma simpatici nei loro pensieri contorti e autodistruttivi. Angelo Spagnoletti giovane attore classe 1994 di Telese conferisce a Daniel quel tono scanzonato che crea empatia. Cristina Cappelli invece è una stupenda ed incasinata Matilda in lotta con tutti i suoi conflitti che partono da un passato tormentato e ricco di silenzi. La regia di Francesco Ebbasta – solo per i primi 4 episodi – è precisa ed i continui sbalzi temporali non danno fastidio, anzi integrano la storia nella maniera giusta. I protagonisti bambini nella Procida degli anni 90 dove gli 883 la facevano da padroni e gli anni dove questo gruppetto di trentenni maturi continuano a fare casini dimostrando tutte le loro fragilità creando un contrasto emotivo vibrante. Poi c’è anche il ping pong tra Procida e Napoli. Due splendidi luoghi, uno della memoria e l’altro teatro dei disastri sentimentali attuali dei protagonisti. Nel cast anche due storici componenti dei The Jackal, Gianluca Fru e Fabio Balsamo. La generazione 56k ha dimestichezza con i social ma non vive con la testa online. I sentimenti ed i ricordi sono ancora quelli reali e non virtuali.

La serie (divisa in otto riuscite puntate da 30 minuti circa l’una) genera una spirale di sensazioni man a mano che gli episodi si susseguono. Generazione 56k tocca i tasti giusti rivivendo il tempo delle medie e delle mele, l’adolescenza vissuta con i contrasti ed i pensieri di un gruppo di quindicenni che si trova ad affrontare la vita reale senza armatura e con tutte le problematiche pratiche e di cuore. Insomma serie assolutamente da seguire che lascia anche un finale aperto. Che si stia lavorando già ad una seconda stagione?