
Il covid esiste e rompe pure il cazzo. Inutile ribadirlo. Lo sto affrontando e devo dire che giorno dopo giorno sto molto meglio. Una malattia insidiosa e fastidiosa che lascia strascichi sul corpo ed anche nella testa. Ma ce la stiamo cavando, grazie al cielo. Il corpo reagisce alle cure e quindi devo dire – sempre fino a questo momento – che sono stato fortunato. Ma questo virus l’ho preso anche come opportunità di crescita. Il covid ci condiziona, ci mette ansia e qualcosa abbiamo lasciato sul campo.
Come mi ha cambiato? Tanto, ma sarebbe noioso spiegarlo. La quarantena, l’isolamento, il tuo corpo che speri reagisca bene all’impatto sono tutte incognite che angosciano. La testa viaggia e fa pensieri assurdi. Le paure si moltiplicano, hai l’ansia di aver contagiato chi ti è stato vicino. I tormenti sono pesanti e ti accompagnano sempre. Le telefonate ed i messaggi a quelli che oggi chiamano “contatti stretti” sono state numerose e petulanti, quasi assillanti. “Come stai?” ” Ma come stai tu visto che hai il covid”. Dialoghi surreali. Volevo fortemente che chiunque avessi incontrato stesse bene, che non avesse preso il virus e soprattutto che non fossi stato io il veicolo di contagio. Desideri assoluti e sconclusionati che si affollavano nella mia mente. Tanti tamponi ho fatto fare, tutti negativi fortunatamente. Tutti! Che culo e che sospiro di sollievo. Ecco questa è la felicità. Sapere che gli altri stanno bene.
Il covid però mi ha anche aiutato a capire le persone. Il contatto con l’esterno, per me che vivo da recluso, mi ha colpito. Percepisci tutto in maniera più nitida quando sei chiuso in gabbia, isolato dal mondo. La solidarietà, la partecipazione, l’empatia. Si stabilisce un contatto. E tutto ti appare più chiaro. Pesi le persone, capisci chi ti vuole bene. Ma anche chi se ne fotte di te. E questo è solo una cosa buona. Come se ci fosse una rivelazione. Come se la nebbia che hai solitamente davanti agli occhi si fosse diradata all’improvviso e l’orizzonte apparisse più chiaro. Terso. Ecco anche questo è un bell’insegnamento in questi ultimi giorni abbastanza complicati. Mi sono sentito più forte, proprio grazie all’affetto di tantissimi amici, alcuni insospettabili, contatti che avevo perso da tempo, che avevo smesso di coltivare solo per mancanza di tempo o mia superficialità. Impari a capire chi ci tiene davvero a te. E lo trovo molto bello, molto formativo.
La spesa, le medicine, il supporto morale, le chiacchierate, le preoccupazioni, le risate. Ecco un malato di covid ha bisogno di tutte queste cose. Si sente meglio quando c’è il giusto calore attorno a lui. Si rinforza il sistema immunitario dicono. Avere ottimismo attorno aiuta. I consigli ed il confronto sono di conforto. Per questo ne scrivo qui. Anche per esorcizzare la malattia e per far capire che parlarne aiuta. Mi arrivano in provato tante storie di emarginazione. Di persone che si sentono abbandonate. Qualcuno mi ha detto che non lo ha detto a nessuno perché si vergogna di essersi preso il covid.
La strada giusta non la conosco. Ma posso dire che nel mio caso ho trovato giusto dirlo a tutti, a quelli che conosco personalmente ed anche postarlo sui social. Non bisogna nascondersi o vergognarsi, perché le nostre debolezze senza l’amore di chi ci vuole bene si acuiscono. Abbiamo bisogno di sentirci coccolati soprattutto nei momenti difficili. Personalmente sono contento di aver deciso così, ma la mia è una scelta che qualcuno può anche non condividere. Non ho soluzioni e strade da percorrere, ma il racconto di tante storie di covid può aiutare chi legge a capire, ad affrontare qualcosa che è avvolto da una nebulosa di mistero e dalla paura.
Sono tante le domande che frullano per la testa. L’isolamento, le cure affrontate, i sintomi, quando si manifestano o quando spariscono. Confrontarsi con chi ha già fatto questo percorso o lo sta affrontando credo sia utile e costruttivo. Come si sta dopo? Si può riprendere il covid? Quanti dubbi e quante incertezze che balenano nella mia testa. Speriamo di uscirne fuori il prima possibile, ma facciamolo stando uniti, facendo prevalere l’amore e la solidarietà. Chi legge fino a qui deve sapere che noi malati non siamo appestati. Abbiamo bisogno dell’aiuto degli altri, ma difficilmente lo chiederemo. Andrà tutto bene dicevano a marzo. Adesso non ne sono sicuro. Adesso speriamo solo di uscirne fuori, tutti insieme sperando di fare minor danni possibile.