Tokyo, Helsinki, Nairobi, Berlino, Rio, Mosca, Denver. Se tutti questi nomi di città messi in questo ordine non vi dicono niente allora non avete mai visto La Casa di Carta. Una serie Netflix di successo planetario che è ormai arrivata alla sua quarta stagione. Il 4 aprile, data già fissata in agenda per i milioni di appassionati della serie, sapremo come finirà la rapina alla Banca Centrale di Spagna.
Questo successo straordinario è giustificato? Questa domanda me la sono fatta guardando con passione tutte le puntate. La serie è fatta sicuramente bene, i personaggi sono incredibilmente affascinanti per le storie che hanno alle spalle. Ma bisogna fare dei distinguo importanti. Le due rapine, una alla zecca ed un’altra alla banca centrale sono alquanto improbabili. Colpi impossibili, che però sono stati preparati nei minimi particolari. La narrazione è ribaltata e forse è proprio questo aspetto a creare una sorta di intrigo psicologico e simpatia per i ladri. Qui c’è un ribaltamento copernicano delle classiche posizioni. I ladri sono i buoni ed i poliziotti i cattivi. Scelta azzardata, ma vincente. Si parteggia per empatia per i cattivi e questo destabilizza ed intriga chi segue.
La figura centrale è quella del Professore – Alvaro Morte – che conquista con la sua sagacia, l’intelligenza e con la sua voglia maniacale di controllare e pianificare tutto. Un personaggio centrale che dà sicurezza per il suo sangue freddo gestendo al meglio le situazioni di forte tensione. Il Professore piace perché riesce a tirare fuori il buono che c’è dentro ai suoi uomini. Una sorta di demiurgo che plasma le menti, le porta verso l’eccellenza partendo da una posizione di forte disagio. Il professore risolve i problemi e questo piace. Combatte la Polizia che ha modi bruschi ed al limite della legalità mentre quelli che svaligiano la zecca o la banca centrale trattano bene i sequestrati, hanno una forte moralità e sanno creare complicità molto solide anche con chi guarda in tv.
Però poi ci sono anche delle esagerazioni di sceneggiatura che rendono poco verosimili alcune situazioni che seppur funzionali all’incastro delle situazioni poi fanno perdere di credibilità alla serie. Volutamente si cerca il colpo ad effetto forse per non creare emulazione o solo per trovare soluzioni facili nello sviluppo narrativo. Poi troppo amore all’interno di due colpi ad alta tensione con sparatorie e morti. Sesso e risate, fidanzamenti e legami affettivi sono improbabili quando hai il fiato della polizia sul collo e rischi la vita. L’amore fa fare passi falsi che in questa serie sono all’ordine del giorno.
Bene la colonna sonora ed il fatto di aver reso molto pop “Bella Ciao”. Insomma il giudizio complessivo è positivo anche se restano molti dubbi proprio perché credo che La Casa di Carta abbia una struttura debole. Non riesco a capire il successo mondiale che ha avuto anche perché si tratta di una serie nata, prodotta e partorita in Spagna e quindi senza il battage pubblicitario o gli investimenti che girano intorno ad altri prodotti televisivi.
Comunque il 4 aprile non perderò neanche una puntata della quarta serie. Ovvio!