sea-watch-2-1300Le onde sono alte, il mare agitato, fuori fa freddo. Fa freddo fuori e fa freddo dentro. Ma chi cazzo me l’ha fatto fare, perché sono salito su questa maledetta barca? Volevo una vita migliore, lo so. Ma ne è valsa davvero la pena? Perché ci hanno abbandonato in mezzo al mare? Ma lo sapete che di notte non c’è niente in mezzo al mare? Poi il mare mi ha sempre fatto paura, non so neanche nuotare bene. Di notte è tutto buio, ma buio pesto. Non si vede nulla. Ed ho paura, ogni ora un po’ di più. Il tempo passa e mi sento sempre più abbandonato. Ma che ci faccio qui in mezzo al mare. Perché? Dal 22 dicembre siamo tutti qui dentro e nessuno ci dice nulla. Poi questo ballare sulla nave, questo mare agitato mi fa passare la fame, mi scombussola dentro e fuori. Perché ci hanno abbandonato? Che abbiamo fatto di male? Volevo solo vivere in un mondo migliore…

Ho provato a mettermi nei panni di quelle persone che erano sulla Sea Watch. Nei panni di questo ragazzo disperato che si è tuffato in mare – poi recuperato dallo stesso equipaggio della nave – nel tentativo folle e disperato di raggiungere terra maltese. 22 giorni in balia delle onde, senza avere notizie e con la percezione che il mondo esterno respingeva ogni richiesta di sos. 22 giorni di disperazione pura. Ne scrivo ora che c’è stato una sorta di lieto fine. Un epilogo scontato, ma soprattutto ritardato, rimandato con gravissime colpe di chi ci governa e ci fa percepire chi è disperato come un nemico da evitare. Qui non si tratta di aprire una riflessione sull’immigrazione clandestina, qui non si tratta di parlare per slogan. Semplicemente si prova ad essere umani. C’erano delle persone in mezzo al mare che chiedevano aiuto e noi le abbiamo ignorate, abbiamo detto che erano un problema e ne abbiamo discusso accanitamente al caldo delle nostre case e con le nostre tastiere pronte a ticchettare e sparare sentenze. Mettersi nei panni di chi soffre secondo me dovrebbe essere un ottimo esercizio per la nostra mente, per allenare le nostre sensibilità. Serve soprattutto per smuovere un po’ le nostre coscienze troppo spesso assopite e dopate da una overdose di individualismo. Siamo tutti bravi a prendercela con i razzisti quando offendono i nostri beniamini, quando se la prendono con chi ha la pelle diversa ma nel frattempo indossa la nostra divisa.

Ma questa battaglia voglio combatterla: difendiamo gli ultimi, quelli che sono ai margini senza guardare la loro pelle, ma solo i loro occhi. Scandalizziamoci e mettiamo alla berlina chi ne fa una questione di razza, di ricchezza, di opportunità. Restiamo umani. E’ l’unica cosa che ci è rimasta se non vogliamo regredire. Prendiamocela con chi è una merda, qualsiasi colore della pelle abbia. Questa deve essere la nostra unica forma di discriminazione.